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8 settembre 2014 – Le 5 regole d’oro per migliorare lo screening con PSA del carcinoma prostatico

Non esistono dati certi sull’opportunità di eseguire una diagnosi precoce del carcinoma prostatico in uomini asintomatici. Non vi è attualmente alcuna certezza se lo screening riduca effettivamente la mortalità e, nel caso questo avvenga, se i vantaggi siano superiori agli svantaggi in termini di possibilità di diagnosi e trattamenti inutili.
Si parla infatti di overdiagnosis e overtreatment quando il vantaggio che il paziente riceve dalla diagnosi e/o dal conseguente trattamento è nullo o comunque inferiore alle conseguenze negative che da esso derivano. In termini più semplici se la diagnosi precoce e la cura conseguente di una certa malattia, diagnosticata in un uomo privo di sintomi non modificano la sopravvivenza del Paziente ma si limitano esclusivamente a peggiorarne la qualità di vita, si parla di overdiagnosis e overtreatment.
Il dosaggio del PSA deve essere considerato uno strumento nelle mani del Medico e le conseguenze che ne derivano possono essere buone o cattive a seconda dell’utilizzo che se ne fa. Sottoporre a screening uomini oltre gli 80 anni, porre indicazioni poco restrittive all’esecuzione della biopsia prostatica, trattare aggressivamente pazienti con malattia a basso rischio e, viceversa, sottovalutare il carcinoma ad alto rischio, insieme al fatto di eseguire le terapie in strutture con casistiche limitate, sono tutti fattori che possono determinare più svantaggi che vantaggi.
Migliorare lo screening con PSA del carcinoma prostatico significa pertanto individuare Pazienti che realmente possono beneficiare del trattamento e nei quali il peggioramento drammatico della qualità di vita è giustificato dal vantaggio in termini di sopravvivenza.
Ecco pertanto le 5 regole “d’oro” per ottimizzare lo screening del carcinoma prostatico, recentemente pubblicate su European Urology, organo ufficiale della European Association of Urology (Andrew Vickers, Sigrid Carlsson, Vincent Laudone, Hans Lilja It Ain’t What You Do, It’s the Way You Do It: Five Golden Rules forTransforming Prostate-Specific Antigen Screening):
Regola 1. Richiedere il consenso del paziente al dosaggio del PSA: sebbene le linee guida sottolineino l’importanza di decisioni condivise, molti Medici aggiungono il dosaggio del PSA ai normali esami ematochimici senza informare il paziente sull’equilibrio incerto tra benefici e disagi che l’esecuzione di questo esame comporta.

Regola 2. Non sottoporre a screening pazienti che non avranno benefici: gli uomini di eta’ superiore a 75 anni oppure con aspettativa di vita inferiore a 10 anni oppure con numerose comorbidita’ non andrebbero sottoposti a screening. Inoltre, lo screening puo’ essere “allentato” in caso di pazienti tra i 60 e i 75 anni con valori di PSA inferiori a 1 ng/mL.

Regola 3. Non sottoporre il paziente a biopsia prostatica senza una fondata motivazione: la biopsia non deve essere automaticamente eseguita per modesti incrementi del PSA senza ulteriori accertamenti per l’ipetrofia prostatica, la ripetizione del PSA dopo alcune settimane o la valutazione del rapporto PSA libero/totale. Allo stesso modo, la biopsia non dovrebbe essere eseguita per valori di PSA al di sotto della tipica soglia di 3 ng/mL ad eccezione della presenza di anomalie all’esplorazione rettale.

Regola 4. Non sottoporre a trattamento i tumori a basso rischio: una volta confermata la diagnosi seguendo i criteri in maniera molto restrittiva, a questi pazienti puo’ essere proposta, almeno inizialmente, la sorveglianza attiva.

Regola 5. Se si decide di trattare un paziente, farlo in un centro di riferimento: chirurghi esperti ottengono risultati migliori.
E’ opportuno peertanto che il Medico di medicina generale e l’Urologo operino attivamente e in stretta collaborazione affinchè lo screening si traduca in un reale vantaggio per il Paziente, a cominciare dal rispetto delle 5 regole d’oro.

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Dott. Massimo Capone

Medico Chirurgo specialista in Urologia e Andrologo, Massimo Capone è specialista delle problematiche relative alla sessualità maschile, di chirurgia plastica e ricostruttiva dei genitali maschili, della chirurgia protesica del pene nonché dei disturbi della fertilità.

Competente, affidabile, cordiale, chiaro ed esauriente nel rispondere alle domande – dicono i pazienti. Classe 1960, il dott. Capone è specializzato con lode in Urologia presso l’Università di Trieste con una tesi dal titolo “Comportamento sessuale e soddisfazione del Paziente sottoposto ad Impianto Protesico Penieno nell’Impotenza di varia eziologia”.