Chirurgia Andrologica e Sessuologia
Il carcinoma della prostata - Cause, sintomi e cura

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Il carcinoma della prostata

Il tumore più comune per gli uomini over 50
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C’è un tumore specifico che, nella sola Italia, si manifesta in oltre 36.000 nuovi pazienti ogni anno, e che risulta il 18,5% di tutti i carcinomi diagnosticati nell’uomo.

È sicuramente il tumore più temuto tra la popolazione maschile poiché, anche se attualmente molto curabile - 92% dei pazienti sopravvissuti dopo i cinque anni dalla diagnosi - i suoi esiti possono portare ad una permanente ed irreversibile disfunzione erettile.

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Il carcinoma della prostata è una neoplasia esclusiva del genere maschile, da sempre presente nella storia umana ma che, specie negli ultimi anni, sembrerebbe essere cresciuta in maniera considerevole a livello percentuale, anche in relazione all’aumentata aspettativa di vita media.

Leggi questa pagina per scoprire che cos’è il carcinoma della prostata, come si diagnostica, quali sono i suoi sintomi e quello che si può fare per trattarlo.

Che cos’è la prostata?

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la prostata (in rosa)

La prostata, chiamata anche ghiandola prostatica, è un organo singolo - impari, in gergo medico - presente solo nell’anatomia maschile, deputato alla produzione e alla conservazione del liquido seminale.

È a tutti gli effetti una ghiandola, di piccole dimensioni, posizionata nella zona pelvica, cioè nella parte inferiore dell’addome, poco sotto la vescica e subito davanti al retto.

La prostata è attraversata dai due dotti eiaculatori, che sfociano poi nell’uretra, cioè il piccolo canale deputato al passaggio delle urine e dello sperma.

Per via della sua funzione primaria di produzione di liquido seminale e della sua delicata posizione anatomica, che in parte avvolge il primo tratto dell’uretra - chiamato uretra prostatica - la prostata influenza direttamente non solo l’eiaculazione, ma anche l’erezione del pene e la minzione, cioè il rilascio dell’urina.

La prostata è una fonte di preoccupazione per l’uomo che ha superato i 50 anni, poiché oltre tale età si verifica spesso l’ipertrofia prostatica benigna e, in un numero sempre maggiore di casi clinici, il carcinoma prostatico.

Che cos’è il carcinoma prostatico?

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Il carcinoma prostatico è un tipo di neoplasia (tumore) che colpisce esclusivamente gli uomini, e che origina da una cellula dei tessuti prostatici, in particolare modo dalle cellule epiteliali della ghiandola.

A livello epidemiologico, il tumore prostatico è il primo tumore assoluto per il genere maschile e, negli Stati Uniti, addirittura il secondo tumore più comune nei pazienti over 50.

Anche in Italia si confermano questi numeri, e statisticamente il carcinoma della prostata è il primo tumore in generale per gli uomini, con oltre il 18% di tutti i carcinomi che possono affliggere il sesso maschile.

L’incidenza di questo tumore è particolarmente elevata nei pazienti over 50 e, come del resto molti altri tipi di neoplasie, la sua origine può essere dovuta a predisposizione genetica oppure a dieta e stili di vita particolari.

Si presume che il tumore della prostata sia stato sempre presente nella storia umana ma, sebbene la prostata fosse stata chiaramente descritta come organo già nel 1536, solo nel 1853 venne definitivamente identificato questo genere di carcinoma.

Quanto è comune il carcinoma della prostata?

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Il carcinoma della prostata è il primo tumore in assoluto, per diffusione, nel genere maschile in quasi tutti i paesi occidentali.

Negli USA è secondo solo al tumore del polmone, mentre in Italia è il primo per il sesso maschile, con oltre 36.000 casi diagnosticati ogni anno.

A livello epidemiologico, sebbene il carcinoma della prostata sia diffuso in tutto il mondo, sembrerebbe che le popolazioni asiatiche ne siano meno bersagliate, ma questo potrebbe anche essere causato da una minore penetrazione degli screening diagnostici, alle politiche di prevenzione e, non di meno, all’avanzamento della Medicina dei singoli Paesi.

Il carcinoma della prostata è in tipico esempio di tumore proprio della fase adulta della vita: è difatti una neoplasia rara prima dei 45 anni, ma diviene invece sempre più frequente con l’avanzare dell’età e col fisiologico invecchiamento.

La diagnosi del carcinoma alla prostata è mediamente effettuata attorno ai 70 anni, tuttavia studi recenti hanno dimostrato che non sempre la sintomatologia è così esplicita da portare ad una diagnostica precisa.

Dagli studi condotti a tal proposito, parrebbe che nei soggetti analizzati vi sia stata presenza del tumore prostata nel 30% dei casi nei pazienti asintomatici over 50, mentre la percentuale ha raggiunto picchi dell’80% nei pazienti pluri-settantenni, sempre asintomatici.

Quali sono le cause del carcinoma della prostata?

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Come per altri tumori, anche l’origine di quello alla prostata non è ancora nota alla Medicina, ma vi sono comunque delle ormai assodate componenti di rischio, sia genetico che comportamentale.

La componente genetica parrebbe giocare un ruolo non trascurabile nell’inizio del carcinoma prostatico, poiché gli uomini con un parente in linea verticale - il padre - oppure in linea orizzontale, cioè un fratello, colpiti già dal carcinoma prostatico corrono un rischio doppio di contrarre la neoplasia.

Oltre a questa componente genetica, sembrerebbe che l’incidenza del tumore alla prostata sai più comune nei pazienti con determinati comportamenti di vita e alimentari, come ad esempio bassi approvvigionamenti di vitamina E, di acidi grassi omega-3 - presenti in grandi quantità nel pesce azzurro o nel salmone - ed anche di vitamina D.

Il consumo di tabacco, sempre deleterio per qualsiasi tessuto del corpo, le frequenti prostatiti - infiammazioni della prostata - e anche alcune infezioni a trasmissione sessuale come la gonorrea, la sifilide e la clamidia possono contribuire, secondo alcune fonti di ricerca, all’aumento della probabilità di contrarre il carcinoma prostatico.

Anche raccogliendo tutti questi dati e tentando di ricavarne un’analisi razionale epidemiologica, comunque, è bene ricordare che la causa specifica dell’origine del tumore prostatico è, al momento, sconosciuta alla scienza.

Quali sono i sintomi del carcinoma della prostata?

Come e forse più di molte altre neoplasie, il carcinoma alla prostata non dà sintomatologia nelle fasi iniziali della malattia.

Spesso difatti la diagnosi precoce è casuale, e viene riscontrata mediante controlli di routine, come ad esempio quello dell’enzima dell’antigene prostatico specifico (PSA - Prostate Specific Antigen).

Complice anche l’incidenza del tumore, che ha quasi sempre origine in pazienti over 50 dal metabolismo molto più basso rispetto a soggetti più giovani, la crescita del carcinoma prostatico è generalmente lenta, e con essa sono lente anche le manifestazioni sintomatiche specifiche, che possono rimanere silenti anche per un lungo periodo di tempo.

Nel caso che esse si manifestino, comunque, portano problemi comuni e facilmente confondibili, per il paziente, a quelli che accompagnano l’iperplasia prostatica benigna.

Tali sintomi in genere sono:

  • Difficoltà a raggiungere e mantenere l’erezione (disfunzione erettile prostatica);
  • Pollachiuria, cioè l’urgenza di urinare frequentemente;
  • Nicturia, cioè l’esagerata necessità di urinare di notte, svegliandosi durante il sonno;
  • Difficoltà alla minzione e, in generale, a urinare correttamente con un flusso normale e sostanzioso (stranguria;
  • Ematuria, cioè la presenza di sangue nelle urine;
  • Eiaculazione ed orgasmo doloroso, quando non del tutto irraggiungibile

Questi sintomi, è bene ricordarlo, sono comuni anche ad altre condizioni patologiche dell’apparato uro-genitale, e pertanto devono essere analizzati con prudenza, in quanto non necessariamente indicativi, quando presenti, della neoplasia alla prostata.

Stadi avanzarti di carcinoma alla prostata, in cui la degenerazione cellulare maligna ha già intaccato i tessuti di altri parti del corpo, dando origine dunque a metastasi, sono solitamente localizzati nella zona pelvica, ma possono estendersi in ogni altra parte del corpo, ad esempio alle vertebre, al colon-retto, alla vescica.

Come si diagnostica il carcinoma della prostata?

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La diagnosi del carcinoma della prostata rientra nelle procedure di screening oncologico, ed è basata sull’ispezione rettale, su test di laboratorio (esame del dosaggio PSA), su esami per immagini come l’ecografia transrettale, la Risonanza Magnetica Nucleare e, in caso di necessaria conferma diagnostica, della biopsia dei tessuti.

La vista clinica urologica è il primo step necessario per iniziare il percorso diagnostico.

Nella visita, effettuata dal Medico Andrologo, il Clinico valuta la dimensione ed il volume della prostata mediante l’ispezione rettale, eseguita - al contrario di come molti ancora pensano - in maniera totalmente indolore.

La valutazione digitale consente di ispezionare solo la parte posteriore della prostata ma, fortunatamente, oltre l’85% dei casi di carcinoma prostatico si localizzano proprio in questa parte.

Sebbene l’esame rettale non sia, ovviamente, sufficiente per la valutazione certa della presenza del carcinoma alla prostata, fornisce al Medico una buona indicazione di partenza per prescrivere eventuali esami specifici.

L’esame definitivo che accerta in maniera incontrovertibile la presenza di cellule tumorali nella prostata è la biopsia, ma esso è un esame molto invasivo che, pertanto, si cerca di eseguire solo quando il sospetto di carcinoma prostatico sia ben più che reale.

L’esame del dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) può fornire indicazioni utili che non diagnosticano con certezza la presenza di un carcinoma prostatico, ma indicano il suo rischio.

A livello strumentale, il Medico può prescrivere un’ecografia transrettale oppure anche una cistoscopia, cioè la valutazione, mediamente un piccolo endoscopio del tratto urinario fino alla vescica.

La RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) è salita alla ribalta negli ultimi anni in quanto esame in grado di differenziare l’iperplasia prostatica benigna da un tessuto tumorale, ed è un esame utile anche ad lesioni metastatiche.

Tuttavia, la certezza della diagnosi di carcinoma della prostata si ha sempre esclusivamente con l’esame di biopsia.

All’esame microscopico, difatti, le cellule tumorali rilevate nel campione appaiono di forma inconfondibile rispetto a quelle sane, ed è possibile anche determinarne lo stadio tumorale.

La stadiazione del carcinoma della prostata, secondo i cinque gradi della tabella di Gleason è fondamentale per predisporre l’adeguato piano terapeutico.

Consigli andrologici e urologici

Il carcinoma della prostata è un tipico esempio di neoplasia che, nella quasi totalità dei casi, rimane isolata nelle cellule dei tessuti che l'hanno originata.

In ambito medico, tale tumore è chiamato 'in situ', ed è differente dal carcinoma che ha invece dato origine ad aderenze su altri tessuti (metastasi).

I casi di tumore alla prostata che hanno invaso altre parti del corpo sono abbastanza rari, e proprio per questo la prostatectomia è, solitamente, l'intervento radicale e risolutivo, in grado di debellare completamente il carcinoma.

Qual è la terapia per il carcinoma della prostata?

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La terapia per il carcinoma della prostata varia a seconda della stadiazione del tumore e, non meno importante, anche l’età del paziente e la sua aspettativa di vita, compresa la qualità della stessa.

Nei pazienti anziani, il carcinoma prostatico ha una crescita molto lenta, e spesso tali pazienti muoiono per altre cause ben prima anche solo di manifestare i sintomi del tumore alla prostata.

In tali casi, il Medico Andrologo potrebbe anche consigliare quella che viene definita ‘sorveglianza attiva’, senza indicazione terapeutica, che prevede comunque un costante e regolare monitoraggio ma senza la prescrizione di un trattamento invasivo.

A livello interventistico invece, le opzioni attualmente possibili per la cura del carcinoma della prostata sono le seguenti:

  • La Chirurgia;
  • La radioterapia;
  • La terapia ormonale;
  • La criochirurgia

Qualsiasi sia la tipologia terapeutica scelta dal Medico Andrologo, essa deve comunque sempre cercare di eradicare le cellule tumorali tentando, al contempo, di rispettare la funzionalità urinaria e sessuale del paziente.

Difatti, praticamente adiacenti alla prostata, passano i nervi deputati sia all’erezione peniena che alla minzione, e il rischio di danneggiamento di questi - anche minimo - comporta sempre un’alta percentuale di problemi di disfunzione erettile ed incontinenza urinaria.

Ancora, il rischio di danneggiamento delle stazioni linfonodali pelviche deve essere sempre attentamente valutato, poiché non di rado - in circa il 20% dei casi trattati con Chirurgia o radioterapia - porta allo sviluppo di un linfedema pelvico e genitale.

La Chirurgia della prostata, chiamata prostatectomia, è l’intervento chirurgico d’elezione, riservato solitamente per i casi iniziali oppure in quelli dove non si è assistito ad una risposta soddisfacente della radioterapia o la terapia ormonale.

La prostatectomia risulta risolutiva in oltre il 70% dei casi di carcinoma della prostata di grado iniziale e medio - fino al grado 3 della scala di Gleason - e può essere essenzialmente di due tipi:

  • La prostatectomia radicale robot-assistita, eseguita con l’ausilio della macchina comandata a distanza dal Chirurgo;
  • La prostatectomia radicale laparoscopica, eseguita con l’introduzione in addome degli strumenti chirurgici attraverso piccole incisioni.

L’evidenza scientifica dimostra e consolida l’efficacia della prostatectomia nei casi iniziali di carcinoma della prostata, ma i rischi di danneggiamento dei nervi deputati alla minzione e all’erezione sono un effetto secondario che deve essere tenuto in debito conto.

In particolar modo, si ritene che appena il 25% dei pazienti sottoposti a chirurgia del carcinoma prostatico recuperi la capacità di ottenere un’erezione rigida spontanea, con o senza terapia farmacologica orale di supporto.

La radioterapia si basa sul bombardamento delle cellule tumorali per mezzo di radiazioni ionizzati, cioè radiazioni con sufficiente energia per ‘bruciare’ le cellule tumorali e dunque ucciderle.

Questo tipo di radiazioni sono raggi X, cioè fotoni ad alta frequenza ed energia, che vengono convogliati da un acceleratore lineare e puntati con un fascio diretto verso la zona tumorale della prostata.

I moderni macchinari di accelerazione lineare consentono di ottenere grande precisione di focus sull’area tumorale, risparmiando il più possibile le cellule invece sane.

Purtroppo, anche con l’ottima precisione disponibile dalla tecnologia moderna, parte del tessuto sano della prostata e parte dei tessuti ad essa adiacenti vengono comunque distrutti dalla radioterapia, che dunque da sempre effetti collaterali, più o meno intensi.

Gli organi che subiscono più danni dalla radioterapia, oltre alla prostata stessa, sono la vescica ed il retto.

Anche in questo caso, la statistica vuole che una certa percentuale di pazienti - variabile a seconda dell’intensità di somministrazione e della durata totale della stessa - sviluppi poi danni permanenti all’erezione e alla minzione dopo la radioterapia.

Alternativa all’irradiazione esterna a base di raggi X, ma sempre facente parte delle tecniche radioterapiche, è la brachiterapia.

La brachiterapia prevede l’inserimento diretto, all’interno della prostata stessa, di piccoli granuli (o ‘semini’) di materiale radioattivo, solitamente lo iodio 125 o il palladio 103.

Questi granuli, che hanno un’emivita ben specifica, rilasciano dunque dall’interno le radiazioni ionizzanti necessarie per distruggere le cellule tumorali ma, anche in questo caso, possono comportare un danneggiamento della delicata terminazione nervosa che governa minzione ed erezione.

Le due tecniche, cioè l’irradiazione esterna mediante raggi X e la brachiterapia, possono essere a volte combinate, a seconda dell’indicazione clinica.

I rischi maggiori per il paziente durante o dopo la radioterapia, oltre ai problemi di incontinenza urinaria e disfunzione erettile, sono le irritazioni attiniche, tra cui la quasi sempre presente proctite.

Ancora, il rischio di sviluppo di tumore al colon-retto e alla vescica dopo la radioterapia per il carcinoma della prostata è un pericolo reale, che non deve essere sottovalutato.

La terapia ormonale ha invece altri presupposti scientifici, che si basano sul bisogno delle cellule tumorali della prostata di assorbire il diidrotestosterone (DHT), essenzialmente una derivazione del testosterone prodotto dai testicoli e, in misura minore, dalle ghiandole surrenali e dalla prostata stessa.

Diminuendo i livelli di diidrotestosterone, dunque, anche le cellule tumorali ne risentiranno in crescita e volume, smettendo - o comunque rallentando - la loro espansione.

La terapia ormonale però è raramente curativa ed eradicativa, poiché le cellule tumorali, in circa uno o due anni, sviluppano una resistenza che fa decadere l’efficacia del trattamento.

Per questi motivi, solitamente essa è riservata ai casi in cui il carcinoma della prostata si sia già espanso nei tessuti circostanti la ghiandola, oppure è utilizzato come terapia adiuvante della Chirurgia, sia prima che dopo l’intervento di prostatectomia.

Per ottenere l’abbassamento dei livelli di testosterone, possono essere percorse varie strade, ad esempio:

  • L’orchiectomia, cioè la rimozione chirurgica dei testicoli (i principali produttori di testosterone);
  • La terapia farmacologica a base di antagonisti del testosterone, chiamati antiandrogeni;

La terapia chirurgica basata sulla rimozione dei testicoli è sicuramente la più efficace, ma ha pesanti effetti collaterali e, non secondariamente, è difficile da far accettare al paziente.

La criochirurgia è una procedura che invece mira a congelare, e dunque a distruggere, le cellule tumorali della prostata mediante raffreddamento rapido all’azoto liquido, capace di arrivare a circa 196° C.

L’intervento è eseguito in anestesia generale e guida ecografica, inserendo delle barre di esigua dimensione con piccole incisioni nel perineo.

Le barrette raffreddano rapidamente le cellule tumorali, nello specifico l’acqua contenuta nel loro liquido cellulare, che così muoiono.

Il trattamento è efficace specie negli stadi avanzati del carcinoma della prostata, ma comporta il quasi certo rischio di impotenza, che si realizza in oltre il 90% dei casi trattati.

Consigli andrologici e urologici

La prostatectomia non è l'unica terapia possibile per contrastare il tumore alla prostata.

L'intervento è indicato solo nel caso che il tumore sia 'in situ', cioè ancora del tutto confinato entro i tessuti della prostata, e che non abbia dunque dato origine a metastasi.

Altre terapie possibili, alternative alla Chirurgia, sono la crioterapia, la terapia ormonale e la radioterapia.

Datosi che il carcinoma della prostata è un tumore a crescita lenta o lentissima, in alcuni casi anche la sorveglianza può essere indicata, senza un'effettiva terapia medica.

Nella scelta della terapia, oltre alla stadiazione del carcinoma, molto è dipeso dall'età del paziente e dalla sua effettiva sintomatologia.

Ma dunque l’impotenza dopo la prostatectomia è un pericolo sempre presente?

La particolare posizione della prostata, essenzialmente adesso sia alla vescica che all’uretra, in cui passano adiacenti importanti nervi deputati alla minzione e all’erezione del pene, rende difficile agire, sia con la Chirurgia che con la radioterapia, senza causare danni permanenti alla sfera sessuale del paziente.

Del resto, la statistica parla chiaro: solo il 25% dei pazienti operati di prostatectomia riacquista la capacità erettile, sia spontanea che stimolata dall’adeguata cura farmacologica.

Difatti, l’efficacia dei moderni farmaci utilizzati come cura sintomatica della disfunzione erettile (avanafil, sildenafil, tadalafil, vardenafil) è nulla nel caso di lesioni nervose.

È bene sottolineare che la disfunzione erettile causata dalla prostatectomia o della cura radioterapica per il tumore della prostata, salvo casi abbastanza rari, non inficia sulla sensibilità del pene e sulla capacità di arrivare all’orgasmo, ma solo sulla sua capacità erettile.

Fortunatamente, la moderna Chirurgia può risolvere il problema della disfunzione erettile post-trattamento del carcinoma della prostata, nei casi in cui esso comporti un danneggiamento non risolvibile dalla terapia farmacologica, con l’impianto delle protesi peniene.

L’impianto delle moderne protesi peniene è spesso l’unica terapia possibile in grado di ripristinare completamente l’erezione del pene dopo gli interventi di prostatectomia, e permettere il ritorno ad una vita sessuale normale ed appagante.

Più di 80% delle protesi peniene sono perfettamente funzionanti a distanza di 10 anni dall’intervento, e i materiali costituenti le protesi non determinano rigetto da parte dell’organismo.

L’impianto di una protesi peniena consente la riabilitazione sessuale del paziente affetto da disfunzione erettile grave nei casi non responsivi alla terapia orale e locale, come accade sempre dopo le prostatectomie o le radioterapie che hanno danneggiato le terminazioni nervose adiacenti alla prostata.

L’impegno rappresentato dalla necessità di sottoporsi ad un intervento chirurgico è ampiamente compensato da alti livelli di soddisfazione per il paziente e la partner, che non hanno eguali nel campo della terapia della disfunzione erettile.

Quanto è curabile il carcinoma della prostata?

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Il carcinoma della prostata, grazie al costante avanzamento della Medicina e della Chirurgia, è una delle neoplasie attualmente più curabili in assoluto.

Grazie alla sua crescita in genere molto lenta, e i rari casi in cui il carcinoma avanza in metastasi, le moderne terapie consentono di curare nella quasi totalità dei casi i pazienti che ne sono affetti.

Mediamente, il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è difatti superiore al 95%.

Questo dato, decisamente confortante, deve dunque non far allarmare eccessivamente il paziente, ma tranquillizzarlo e prepararlo al meglio per il giusto percorso terapeutico.

Qual è il Medico che può diagnosticare e curare il carcinoma della prostata?

Il carcinoma della prostata è una patologia oncologica che rientra nell’Urologia, cioè in quella branca della Medicina che studia e cura le patologie dell’apparato uro-genitale.

Il Medico Urologo perfezionato nelle patologie prettamente maschili, come per l’appunto è il carcinoma della prostata, è chiamato Medico Andrologo, ed è dunque lui il professionista a cui bisogna rivolgersi in caso si sospettino i sintomi della neoplasia oppure, molto più comunemente, per effettuare i controlli periodici proprio per scongiurare la presenza del tumore.

Devi controllare lo stato della tua prostata, oppure hai sviluppato impotenza sessuale dopo un intervento di prostatectomia? Il Dott. Massimo Capone è qui per aiutarti

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Il Dott. Massimo Capone è un Chirurgo Andrologo, specialista in Urologia e perfezionato sia nella diagnosi e nel trattamento del carcinoma della prostata che nel trattamento della disfunzione erettile che, spesso, è ad esso conseguente.

Il Dott. Massimo Capone può dunque aiutarti non solo a diagnosticare il carcinoma della prostata, ma anche ad escluderlo, grazie alla sua esperienza più che trentennale in Urologia clinica.

Per la cura della disfunzione erettile causata dalla prostatectomia o da una cura radioterapica che ha danneggiato irreversibilmente i tessuti nervosi che regolano l’erezione, il Dott. Massimo Capone utilizza l’eccellenza della Chirurgia Andrologica, con l’impianto di moderne protesi peniene.

Con l’eccellenza medica e chirurgica del Dott. Massimo Capone il carcinoma della prostata può essere non solo sconfitto e curato, ma possono essere trattate anche le sue complicanze più temute dai pazienti, tra le quali la disfunzione erettile.

Se hai già subito quindi una prostatectomia e hai sviluppato disfunzione erettile dopo il trattamento chirurgico, puoi chiedere aiuto al Dott. Massimo Capone: la sua esperienza è qui per aiutarti a stare meglio, per ripristinare una vita sessuale soddisfacente come meriti.

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Quindi ricorda che...
  • Il carcinoma della prostata è un tumore che genera dai tessuti della ghiandola prostatica, ed è il primo tumore, per diffusione, tra la popolazione maschile over 50;
  • Il carcinoma della prostata è abbastanza raro prima dei 50 anni, ma diventa progressivamente più probabile man mano che aumenta l’età anagrafica;
  • Sono state riscontrare cellule tumorali nella prostata in oltre l’80% dei pazienti ultra-settantenni, a dimostrazione che la probabilità di sviluppo del carcinoma prostatico aumenta in maniera considerevole con l’invecchiamento;
  • Il carcinoma della prostata è un tumore che di norma rimane confinato in situ, cioè nella ghiandola prostatica, ed è caratterizzato da una crescita molto lenta;
  • Non sempre il tumore della prostata è sintomatico, anzi: in molti casi, la sua crescita lentissima lo fa essere del tutto asintomatico;
  • Non è ancora nota la causa scatenante il carcinoma della prostata, ma è accertata la sua familiarità e certi stili di vita, in particolare modo riguardo all’alimentazione e al consumo di tabacco;
  • Il carcinoma della prostata può essere asintomatico e dunque silente, ma può dare anche sintomatologia come difficoltà ad urinare, disfunzione erettile, sangue nelle urine e eiaculazione dolorosa;
  • La terapia per il carcinoma della prostata varia in base alla sua stadiazione, e può essere ormonale, chirurgica, crio-chirurgica o a base di radiazioni ionizzanti;
  • La prostatectomia è l’intervento di rimozione radicale della prostata, ed è proposta esclusivamente quando il carcinoma è in sede, senza metastasi agli altri organi;
  • La chirurgia della prostatectomia è ormai molto avanzata, ed è praticata con la tecnica di nerve-sparing, robotizzata o meno;
  • Anche se la tecnica di nerve-sparing consente di risparmiare la delicata rete nervosa peniena che passa proprio attorno alla prostata, solo un 25% dei pazienti sottoposti a prostatectomia riacquista poi la piena capacità erettile;
  • La disfunzione erettile causata dalla prostatectomia o della cura radioterapica per il tumore della prostata, salvo casi abbastanza rari, non inficia sulla sensibilità del pene e sulla capacità di arrivare all’orgasmo, ma solo sulla sua capacità erettile;
  • Il ripristino della capacità erettile dopo un intervento di prostatectomia può essere effettuato mediante l’impianto di una protesi peniena

Avviso deontologico medico
Nota deontologica

L'Andrologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.

Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Andrologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.

Come branca della Medicina, l'Andrologia è estensione naturale dell'Urologia, cioè la specialistica che studia e cura tutte le patologie del tratto uro-genitale umano, con una mirata predilezione per le affezioni squisitamente maschili.

Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Andrologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale sulle patologie prettamente maschili.

Il Dott. Massimo Capone, iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Trieste, tiene dunque a precisare che egli è un Medico Chirurgo Specialista in Urologia, e perfezionato poi Andrologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.

Chirurgo Andrologo a Trieste, Udine, Treviso, Padova e Lecce

Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dal Dott. Massimo Capone il giorno:

martedì 30 luglio, 2024

Il Dott. Massimo Capone è un Medico Chirurgo Andrologo, specializzato in Urologia e perfezionato in Chirurgia Andrologica.

Sin dal suo percorso accademico, il Dottore si è focalizzato sulle problematiche relative alla sessualità maschile, sulla chirurgia plastica e ricostruttiva dei genitali maschili, sulla chirurgia protesica del pene nonché sui disturbi della fertilità.

Competente, affidabile, cordiale, chiaro ed esauriente nel rispondere alle domande, il Dott. Massimo Capone ha introdotto, tra i primi in Italia, il protocollo rigenerativo dei tessuti dei corpi cavernosi del pene basato sulle onde d'urto a bassa intensità.

Nei suoi studi di Trieste, Padova-Pozzonovo, Treviso-Carbonera, Cervignano del Friuli e Galatone  (Lecce), il Dottore aiuta ogni giorno decine di pazienti affetti da debilitanti e psicologicamente spossanti disfunzioni sessuali come la disfunzione erettile, l'eiaculazione precoce, il calo della libido, l'infertilità maschile e la complessa riabilitazione post-prostatectomia radicale. 

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"La visita è stata molto soddisfacente. Il Dottore è molto chiaro ed esaustivo. In ogni fase della visita emerge in modo inequivocabile il “suo spessore”!"
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"Competenza, empatia, puntualità. Di questi tempi non è facile trovare professionisti cosi, il dottor Capone fa sentire a proprio agio e affronta ogni tema con professionalità e empatia"
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"Professionista serio, preparato e accogliente. È la seconda visita con lui; ho trovato sempre indicazioni e suggerimenti efficaci, disponibilità all'ascolto, minuzioso nella visita e capacità di mettere a proprio agio"
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