Nel 1743, un giovane Chirurgo da campo dell’esercito francese di Luigi XV, il Dott. François de La Peyronie, descrisse per la prima volta una condizione patologica del pene, che causava curiosi incurvamenti dell’asta del membro, a volte così accentuati da rendere di fatto impossibile, per i malcapitati, l’attività sessuale penetrativa.
La malattia di La Peyronie, dal nome del Medico francese che per primo la studiò col metodo scientifico moderno, è una patologia del tessuto connettivo del pene, che affligge statisticamente il 5% degli uomini, e che comporta un’innaturale curvatura dell’organo riproduttivo.
In molti casi tale incurvatura anomala non provoca particolari fastidi ma, quando essa supera una certa angolatura, può dare origine a fenomeni spiacevoli come dolore, disfunzione erettile, impossibilità ad avere rapporti sessuali normali e completi.
Il ‘pene curvo’, come viene comunemente chiamato in gergo comune, può pertanto incidere significativamente sulla vita sessuale e sul benessere psico-fisico del paziente, tanto da causargli, non di rado, dei veri e propri traumi e condizioni di malessere, tali da rendergli difficoltose le relazioni interpersonali e anche sociali.
Leggi questa pagina per scoprire da cosa è causata la malattia di La Peyronie, come si diagnostica, quali sono i suoi sintomi tipici e, sopratutto, quello che può essere fatto per curarla.
Che cosa è La malattia di La Peyronie?
La malattia di La Peyronie, chiamata anche Induratio Penis Plastica, è una patologia a carico dei tessuti connettivi del pene.
Si caratterizza per la formazione di lesioni fibrose, denominate placche, all’interno del pene, che provocano alterazioni della forma dell’organo, incurvamenti o restringimenti, con importanti ripercussioni di carattere fisico, sociale e sulla qualità della vita.
La malattia si manifesta in meno dell’1% degli uomini ma è probabilmente sottostimata, con un interessamento potenziale dell’11-13 %.
La malattia di Peyronie comporta una deformazione della naturale fisiologica del pene, che diviene visibilmente incurvato, talmente tanto che, spesso, rende impossibile l’attività sessuale penetrativa.
Da cosa è causata la malattia di Peyronie?
L’origine della malattia non è ancora sufficientemente chiara alla Medicina, ma nella maggior parte dei casi sembrano essere determinanti i traumi durante l’attività sessuale, per flessione forzata del pene eretto contro il pube o il perineo.
Il trauma, in soggetti geneticamente predisposti, innescherebbe una reazione infiammatoria il cui esito finale è rappresentato dalla fibrosi della tonaca albuginea dei corpi cavernosi, con la formazione delle caratteristiche placche e la retrazione cicatriziale che esse comportano, da cui la deformazione del membro.
Quali sono i sintomi della malattia di La Peyronie?
La malattia di La Peyronie ha spesso chiara sintomalogia visiva, percepibile anche a personale non medico.
Tra i sintomi tipici, i pazienti affetti dall’Induratio Penis possono presentare:
- Una placca di o una zona di consistenza aumentata sull’asta del pene;
- Una deformazione del pene, evidente in erezione o in condizioni di flaccidità;
- Dolore locale durante l’erezione;
- Accorciamento del pene, evidente in erezione o in condizioni di flaccidità;
- Disfunzione erettile
La placca è più frequentemente localizzata sulla superficie dorsale (superiore) del pene, e si associa a un incurvamento verso l’alto dell’organo.
I pazienti con un incurvamento verso l’alto del pene possono mantenere la capacità di penetrazione anche per deviazioni sino a 45°, mentre gli incurvamenti in senso laterale e ventrale (inferiore) possono pregiudicare la capacità di penetrazione anche per deviazioni minori, per la maggiore varianza rispetto al normale angolo di penetrazione.
Qual è l’evoluzione della malattia di La Peyronie?
La malattia di La Peyronie è una condizione cronica e peggiorativa, nella quale il 50% circa dei pazienti possono andare incontro ad una progressione se non trattati.
Nella sua evoluzione, si possono riconoscere due fasi distinte:
- Una fase attiva, caratterizzata dal dolore associato all’erezione e dalla progressione dell’incurvamento del pene;
- Una fase di stabilizzazione, nella quale la deviazione del pene si stabilizza e il dolore scompare
Si ritiene che la fase attiva possa durare da 6 a 8 mesi, ma solitamente il paziente è considerato in fase attiva sino a quando è presente il dolore o l’incurvamento non è stabilizzato da almeno 3-6 mesi.
Durante la fase attiva circa il 10-15% dei pazienti possono andare incontro a una risoluzione spontanea della sintomatologia.
Come si diagnostica la malattia di La Peyronie?
La diagnosi di malattia di La Peyronie si basa sull’anamnesi e sull’esame fisico del paziente, effettuato durante la visita specialistica andrologica.
L’anamnesi deve essere particolarmente accurata, e deve precisare:
- Durata della malattia;
- Presenza di dolore locale;
- Tempistica della progressione dell’incurvamento;
- Eventuale presenza di disfunzione erettile (con questionario IIEF-5).
L’esame clinico, eseguito durante la visita, deve precisare:
- Localizzazione della placca;
- Valutazione dell’incurvamento in corso di erezione indotta farmacologicamente o mediante autofotografia;
- Misurazione del pene durante stiramento in condizioni di flaccidità e in erezione;
- Eco-Color Doppler Penieno dinamico è effettuato a complemento della visita clinica per i pazienti affetti da disfunzione erettile e per quelli candidati a chirurgia, per meglio indirizzare la scelta terapeutica.
Oltre all’esame clinico e a quello strumentale, la visita andrologica deve essere completata da una valutazione sessuologica del disagio psicologico del paziente, spesso correlato alla malattia.
Quando è necessario curare la malattia di La Peyronie?
Il dolore locale caratteristico della malattia in fase acuta si risolve spontaneamente in un periodo compreso tra qualche settimana e pochi mesi dopo l’esordio.
Può essere trattato con analgesici o con applicazione locale di onde d’urto a bassa intensità.
Le onde d’urto a bassa intensità, utilizzate con successo per la cura di altre disfunzioni del pene, non hanno invece, allo stato attuale della conoscenza, alcun effetto sulle placche fibrose e sull’incurvamento del pene da esse provocato, e hanno dunque il solo obiettivo palliativo del dolore.
Le placche non associate a incurvamento o restringimento del pene non necessitano di alcuna terapia quando sono stabilizzate e causano incurvamenti dorsali minori di 45° o laterali/ventrali minori di 35°.
In questi casi, i pazienti possono mantenere una capacità di penetrazione normale, e il raddrizzamento del pene diviene necessario solo nel caso di disagio psicologico.
Incurvamenti dorsali superiori ai 45° oppure laterali o ventrali maggiori di 45° rendono quasi sempre impossibile l’atto penetrativo, e di conseguenza richiedono la correzione chirurgica come unica azione terapeutica valida e risolutiva.
Qualsiasi cicatrice del corpo è formata da un tessuto differente da quello originario, meno vascolarizzato, composto essenzialmente da collagene compattato e particolarmente indurito.
Questo tessuto fibrotico è per natura retraente, cioè 'tira' i tessuti ad esso adesi e che causa una retrazione.
Ecco perché la malattia di La Peyronie, al contrario dell'incurvamento congenito del pene, deforma l'asta del membro per via della presenza delle placche cicatriziali dei corpi cavernosi, frutto di un trauma o di una serie di traumi subiti nel passato.
Come si cura la malattia di La Peyronie?
corporoplastica correttiva
La mancanza di informazioni certe sull’origine della malattia ha sensibilmente limitato lo sviluppo di terapie efficaci.
Il trattamento della malattia varia con la fase (acuta o di stabilizzazione), con la concomitanza del dolore e la presenza di disfunzione erettile, con l’entità della deviazione del pene e del suo accorciamento.
L’uso di terapie orali o a bassa invasività è divenuto abituale nei pazienti in fase attiva e con dolore locale.
Lo scopo di queste terapie è quello stabilizzare la placca, ridurre la progressione della malattia e migliorare la curvatura del pene.
Il loro impiego è stato progressivamente esteso a pazienti con malattia stabilizzata non candidabili a terapia chirurgica.
Queste terapie farmacologiche comprendono preparati per uso orale o topico (ionoforesi), farmaci per uso intralesionale, dispositivi meccanici per la trazione del pene e il vacuum device.
Attualmente per la maggior parte di queste terapie mancano studi scientifici che dimostrino con alto livello di evidenza la loro efficacia, e per tale motivo nessuno di essi ha ricevuto l’approvazione all’uso da parte degli organismi governativi (FDA, EMEA).
A tutt’oggi la Collagenasi di Clostridium Histolyticum (Xiapex™) è l’unico farmaco registrato e approvato dall’FDA e successivamente dall’EMEA per pazienti affetti da malattia di La Peyronie con una placca palpabile che provochi un incurvamento di almeno 30° e non superiore a 90°.
Gli studi di registrazione hanno fatto apprezzare un miglioramento del 34%, circa 17°, della curvatura del pene.
I protocolli utilizzati hanno esteso l’utilizzo del farmaco alla fase acuta, con variazioni al dosaggio e alla cadenza di somministrazione e l’aggiunta di metodiche di modellaggio manuale o l’uso del vacuum device o di dispositivi di trazione.
Persiste tuttavia una evidente sproporzione tra il costo del trattamento e il risultato che può essere prospettato al paziente, con un profilo di sicurezza che necessita di maggiori precisazioni in relazione agli eventi avversi maggiori, tra cui la rottura spontanea del pene.
È possibile procedere alla Chirurgia per correggere l’incurvatura del pene causata dalla malattia di La Peyronie?
Quando la malattia di La Peyronie causa impossibilità di erezione normale o anche solo della capacità di penetrazione all’atto sessuale, e quando non è possibile provvedere con efficacia alle cure farmacologiche, l’unica alternativa in grado di migliorare la condizione del paziente è il ricorso alla Chirurgia correttiva.
Lo scopo della terapia chirurgica è quello di fornire al paziente un pene con rigidità, lunghezza e angolatura adeguata per la penetrazione.
Ciò può essere realizzato con tre tipologie di intervento:
Interventi di plicatura
Sono le procedure più diffuse per una relativa facilità di esecuzione.
La maggior parte delle tecniche si basano sull’accorciamento del lato convesso che deve essere reso uguale al lato concavo (più corto) affinché si realizzi il raddrizzamento del pene.
Esso può essere ottenuto con l’asportazione di ellissi di tessuto di rivestimento dei corpi cavernosi (tonaca albuginea) e successiva sutura dei bordi (tecnica secondo Nesbit), con incisioni longitudinali dei corpi cavernosi suturate trasversalmente (tecnica secondo Yachia), con plicature multiple dei corpi cavernosi (tecnica secondo Lue).
Hanno minime o nulle conseguenze sulla funzione erettile ma determinano un accorciamento del pene che si somma a quello usualmente provocato dalla malattia e del quale il paziente deve essere reso consapevole.
L’accorciamento prevedibile e la misura finale del pene possono essere facilmente calcolati poiché corrispondono a quella del lato corto del pene.
Questa tecnica è indicata in caso di lunghezza del pene superiore a 13 cm, incurvamento inferiore a 60° e funzione erettile pre-operatoria normale in condizioni basali, quindi senza l’ausilio di terapia farmacologica vasodilatatrice (Viagra o farmaci similari).
Tecniche di grafting
Si basano sull’incisione o, più raramente, sulla escissione della placca che generalmente coincide sul lato concavo (più corto) con il punto di massima curvatura.
Lo spazio in tal modo sviluppato al di sopra del tessuto cavernoso è ricoperto da un tessuto (graft) di derivazione animale, destinato ad essere colonizzato dalle cellule dell’ospite.
Questa tecnica chirurgica è più complessa, ma consente di realizzare il raddrizzamento totalmente o con incurvamento residuo non significativo (minore di 20°) senza determinare ulteriore accorciamento del pene.
La fisioterapia d’organo basata sull’uso del vacuum device si rende necessaria nella fase pre-operatoria e soprattutto in quella post-operatoria, allo scopo di pilotare correttamente l’attecchimento del graft evitando fenomeni di retrazione fibrosa.
L’intervento può provocare un peggioramento della funzione erettile che deve pertanto essere attentamente valutata prima dell’intervento, anche in prospettiva in relazione all’età e ai fattori di rischio vascolare del paziente.
Questa tecnica è indicata in caso di età inferiore a 55 anni, lunghezza del pene inferiore a 13 cm, incurvamento superiore a 60° e funzione erettile pre-operatoria normale in condizioni basali e assenza di fattori di rischio vascolare.
Impianto di Protesi Peniena e (eventuale) corporoplastica complementare
Questa tecnica prevede il ripristino della funzione erettile mediante il posizionamento di una protesi peniena che da sola consente il raddrizzamento del pene con incurvamento residuo non significativo (minore di 30°) nella maggior parte dei casi.
Nei casi con incurvamenti particolarmente marcati, al posizionamento della protesi si associa una procedura di incisione multipla del corpo cavernoso o di grafting con lo scopo di completare il raddrizzamento del pene.
In caso di grave accorciamento del pene può essere eseguita una procedura di allungamento.
L’impianto della protesi non è visibile dall’esterno in quanto perfettamente integrato nell’anatomia genitale del paziente, non modifica l’orgasmo e l’eiaculazione e incide positivamente in maniera indiretta sul desiderio sessuale, con la maggiore gratificazione del paziente a seguito della sua riabilitazione.
L’obiettivo dell’intervento è conseguito praticamente nel 100% dei casi.
Questa tecnica è indicata in caso di età superiore a 55 anni, disfunzione erettile pre-operatoria in atto - anche se compensata da farmaci - o ipotizzabile in prospettiva per la presenza di malattie croniche, metaboliche, associate a fattori di rischio vascolare.
È doveroso sottolineare come non esista una metodologia chirurgica migliore di un altra: di volta in volta, occorrerà personalizzare la proposta terapeutica sulla base delle aspettative del paziente, delle sue concomitanti malattie e della particolare situazione (entità dell’incurvamento, lunghezza del pene, presenza di disfunzione erettile) locale determinata dalla malattia di La Peyronie.
A chi rivolgersi per la diagnosi e la cura della malattia di La Peyronie?
La malattia di La Peyronie è una classica patologia di competenza dell’Andrologia, cioè quella branca della Medicina e dell’Urologia che studia e cura esclusivamente le patologie che possono colpire il sesso maschile.
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Quindi ricorda che...
- La malattia di la peyronie è una deformazione della normale forma del pene, che da dritto s’incurva, storcendo dunque l’asta;
- La malattia di la peyronie è un incurvamento penieno non su base congenita, ma bensì secondario ad un trauma;
- Non è ancora nota l’esatta causa dell’insorgenza della malattia di la peyronie, ma è accertato ormai che essa sia comunque relativa ad un evento traumatico del pene;
- La malattia di la peyronie deforma la lunghezza e il parallelismo dei corpi cavernosi del pene per mezzo della formazione di placche fibrotiche;
- Non tutti i traumi del pene danno origine alla malattia di la peyronie;
- La malattia di la peyronie si manifesta solitamente in due fasi: una acuta, dolorosa, e una cronica, in cui le placche fibrotiche si stabilizzano e diventano dunque permanenti;
- La malattia di la peyronie diventa problematica solo quando la retrazione delle placche fibrotiche è severa, e causa importanti incurvamenti del pene;
- Incurvamenti inferiori ai 45° possono essere ancora compatibili con la penetrazione, ma incurvamenti con angolatura superiore possono portare all’impossibilità del rapporto;
- La correzione chirurgica della malattia di la peyronie è basata su un intervento di riallineamento dei corpi cavernosi, chiamato corporoplastica;
- Esistono vari tipi di corporoplastica, e la giusta metodica è stabilita dal chirurgo andrologo dopo la valutazione clinica del caso specifico;
- In alcuni casi, alla corporoplastica può essere aggiunto l’impianto di protesi peniena;
- Il medico a cui rivolgersi per la diagnosi e la cura della malattia di la peyronie è il chirurgo andrologo
Nota deontologica
L'Andrologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.
Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Andrologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.
Come branca della Medicina, l'Andrologia è estensione naturale dell'Urologia, cioè la specialistica che studia e cura tutte le patologie del tratto uro-genitale umano, con una mirata predilezione per le affezioni squisitamente maschili.
Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Andrologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale sulle patologie prettamente maschili.
Il Dott. Massimo Capone, iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Trieste, tiene dunque a precisare che egli è un Medico Chirurgo Specialista in Urologia, e perfezionato poi Andrologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.
Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dal Dott. Massimo Capone il giorno:
martedì 30 luglio, 2024
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Sin dal suo percorso accademico, il Dottore si è focalizzato sulle problematiche relative alla sessualità maschile, sulla chirurgia plastica e ricostruttiva dei genitali maschili, sulla chirurgia protesica del pene nonché sui disturbi della fertilità.
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