Sei ossessionato dalle dimensioni del tuo pene, tanto da fartene quasi ogni giorno una vera e propria malattia?
Ti ritieni costantemente inadatto, per via delle dimensioni del pene, e questo ti sta causando problemi relazionali o sentimentali, al punto da evitare di frequentare partner?
La dismorfofobia peniena non è solo un’ossessione, ma una vera e propria patologia psicologica che affligge un numero impressionante di uomini in tutto il mondo.
È un disturbo grave, che spesso tende a far auto-isolare il paziente, provocandogli stati di depressione costante, al punto da evitargli del tutto una normale e piacevole vita non solo sessuale, ma anche affettiva.
Nei casi gravi, la dismorfofobia peniena arriva anche a condizionare la vita sociale e lavorativa, causando una cronica mancanza di fiducia in sé e, di conseguenza, scarsi risultati nello studio o nel lavoro.
E questa è una condizione che, pertanto, deve essere evitata o corretta, se già in essere.
Leggi questa pagina per capire le origini del complesso del ‘pene piccolo’, e scoprire come, nella maggior parte dei casi, esso sia solo il risultato di imposizioni sociali irrealistiche e del tutto prive di fondamento scientifico, nonché storico.
Che cos’è la dismorfofobia peniena?
nella grecia antica, il membro di grandi dimensioni era considerato espressione di bestialità
In Medicina, la dismorfofobia peniena è una condizione psicologica patologica prettamente maschile, che causa una costante ansia e vergogna per le dimensioni del pene, ritenute inadatte e troppo ridotte.
Nel linguaggio comune, la dismorfofobia peniena può essere definita come il ‘complesso del pene piccolo’, ed è una condizione patologica poiché, spesso senza reali motivi fisiologici, deforma la percezione del reale del paziente che ne è affetto, arrivando a comprometterne la vita relazionale e sociale.
La dismorfofobia peniena è un disturbo psicologico recente, nella storia umana: difatti, sebbene le dimensioni del pene sono state sicuramente oggetto di discussione in pressoché ogni cultura, mai come nel periodo attuale si era arrivati a descrivere una vera e propria condizione patologica, così diffusa tra la popolazione maschile.
Molti autori presumono che questa esplosione recente del problema sia stata dettata dalla liberalizzazione dei costumi e dall’inizio della cinematografia pornografica.
La dismorfofobia peniena è un problema che riguarda quasi esclusivamente gli uomini seppur, in rari casi, può affliggere anche le donne, che in questo contesto però sviluppano l’ossessione di avere rapporti solo con organi maschili di dimensioni di un certo livello.
Le dimensioni del pene nella storia, che spesso ci dimentichiamo
il mito di priapo, allegoria del grottesco e del bestiale
Da millenni, pressoché qualsiasi cultura umana ha dibattuto, e spesso fantasticato, sulle dimensioni dell’organo riproduttore maschile.
I motivi di questo dibattito, che spesso però, al contrario di quello che noi possiamo pensare oggi, aveva natura non funzionale ma prettamente filosofica - a volte, teologica - e sono intrinsechi nella natura dell’unico organo del corpo maschile che è ‘miracolosamente’ capace di aumentare di molto il proprio volume, ed essendo a conti fatti la sola parte ‘dinamica’, che peraltro si aziona solo in determinati contesti.
Il meccanismo d’erezione del pene, specie per culture del passato con ancora un’insufficiente preparazione medica ed anatomica, sicuramente sarà apparso quasi magico, specie se messo in correlazione con quello degli altri mammiferi.
Al contrario di altri primati oppure altri animali della nostra classe, difatti, l’Homo Sapiens non è dotato di un pene osseo (il baculum), in cui l’erezione è dunque resa possibile da un vero e proprio osso retrattile.
Il pene umano funziona invece per l’aumento della vascolarizzazione sanguigna, quasi come una spugna: all’interno del pene vi sono due cilindri, chiamati corpi cavernosi che, al comando ormonale e sensoriale, si gonfiano di sangue arterioso, indurendo quindi l’organo.
Questo meccanismo, sconosciuto ai nostri antenati, è stato a lungo oggetto di dibattito filosofico in primis, e poi ‘funzionale’, come diremmo noi ora.
Nelle culture del passato, la dimensione del pene non era un argomento d’interesse così ossessivo come invece lo è, spesso, per noi.
Al contrario dei giorni attuali, dove - per una lunga serie di motivi, spesso legati a irreali imposizioni sociali o di consumo pornografico - le dimensioni ‘grandi’ del pene sono spesso enfatizzate e mitizzate, ad esempio nella Grecia antica esse erano invece derise e denigrate.
Organi maschili di dimensioni esagerate erano mal viste dalla classe pensante e ‘importante’ delle polis greche, poiché enfatizzavano l’indole primitiva ed animalesca dell’essere umano.
La vittoria degli istinti primordiali sull’intelletto e la razionalità che, per una società dove l’unica attività considerata ‘lecita’ per un uomo che voleva definirsi tale era l’arte - compresa la Medicina - o la politica, di certo era sconveniente e non ricercata.
Alcuni miti greci, del resto, come quello di Priapo e del suo enorme fallo, da cui il termine priapismo - tuttora è utilizzato per descrivere erezioni permanenti - è un buon esempio di come la culla della nostra civiltà occidentale vedeva di cattivissimo occhio le dimensioni esagerate del pene.
Un pene piccolo era invece sinonimo di intelligenza e della vittoria della natura razionale dell’uomo sugli istinti animali, ed era dunque preferibile.
Non a caso, le statue greche del periodo, nonché pressoché qualsiasi forma d’arte, enfatizzavano chiaramente questo concetto.
Le cose cambiarono con la conquista greca da parte di Roma, la cui società votata alla guerra e alla conquista - di fatto culturalmente arretrata rispetto a quella greca - vedeva invece di buon occhio un pene grande ed eretto, simbolo della potenza combattiva dello Stato.
Fu proprio nell’antica Roma che si cominciò a costruire l’immagine, tuttora presente, del ‘maschio indomito’, dotato di un pene grande e possente, diretta emanazione dell’autorità romana.
Del resto, proprio a Roma il mito di Priapo, da grottesco ed ironico qual era in origine greca, diventò invece una divinità da adorare.
Più o meno dello stesso avviso la cultura araba dei secoli seguenti - ancora in essere in molti paesi islamici - che vedeva come motivo di rispetto ed importanza sociale le dimensioni considerevoli del pene.
È doveroso far notare che, per tutte queste culture, sinora l’importanza o meno delle dimensioni del pene non è basata sulla sua rilevanza funzionale, ma solo ed esclusivamente sulla sua correlazione sociale.
Già questo dovrebbe far capire molte cose di come la dismorfofobia peniena si sia potuta sviluppare nella società umana.
Nel Rinascimento, con la riscoperta dei canoni ellenistici, ecco che il pene ridiventa importante collegamento della raffinatezza dell’intelletto sulla brutalità della natura, proprio come i precedenti parametri greci.
Le più belle opere rinascimentali, i capolavori di mirabile espressione artistica che ci pregiamo di ospitare nel nostro Paese, raffigurano le figure maschili tutte con un pene flaccido, non circonciso e piccolo, esaltando piuttosto le altre forme del corpo.
Con la secolarizzazione della società occidentale, iniziata più o meno a metà del XX secolo, i parametri di giudizio sulla ‘giusta dimensione del pene’ cambiano ancora.
L’avvento della cinematografia pornografica, e l’enorme mercato che essa genera da ormai oltre 50 anni, hanno profondamente cambiato la percezione dell’organo sessuale maschile, arrivando spesso a presunti ‘canoni’ irreali ed irrealistici, di cui diventano vittime molti ragazzi, tantissimi uomini e, a volte, anche qualche donna.
L’avvento della pornografia moderna e del mito del pene grande
Nella cinematografia, si definisce pornografia quel particolare settore della settima arte che si focalizza sulle riprese degli atti sessuali.
Più in generale, la pornografia è tutta l’arte visiva - anche non cinematografica - che ritrae o comunque descrive i rapporti sessuali.
Al contrario di quanto comunemente si crede, la pornografia è da sempre presente nella cultura umana, fin dalle prime incisioni rupestri, e ha accompagnato la storia di pressoché ogni civiltà mondiale.
I canoni di raffigurazione degli atti sessuali, esattamente come la concezione della dimensione ‘giusta’ del pene sono cambiati infinite volte, sempre seguendo le usanze sociali della civiltà che li ha descritti.
Abbiamo testimonianze certe della pornografia anche nell’antico Egitto, così come in India, in Cina ed in Giappone.
Molti reperti di pregiati e pregevoli artefatti greci, specie vasellame, raffigurano rapporti sessuali - non necessariamente eterosessuali - mentre sono famosi gli affreschi pompeiani, quasi tutti a tema erotico.
Nel XIX secolo, complice l’avanzamento tecnologico e la diffusione capillare della stampa, la pornografia comincia a divenire un fenomeno di consumo a basso costo, per tutte le tasche.
Stampe e cartoline pornografiche, secondo l’uso di quei tempi, erano facilmente (anche se spesso clandestinamente) reperibili e a poco prezzo, sia per uomini che per donne.
L’avvento della cinematografia e la sua rapida evoluzione ha poi definitivamente sdoganato la pornografia come categoria a sé stante, tra l’altro tra le più redditizie.
La produzione di fumetti, fotoromanzi, prodotti audiovisivi in generale a tema pornografico, divenuta massiccia e a bassissimo costo grazie alle tecniche industriali post-belliche, ha pian piano penetrato il mercato occidentale ed è divenuta una delle tante forme d’intrattenimento contemporanee.
L’industria del porno non si è praticamente mai fermata: dalle prime produzioni cinematografiche degli anni ’70, passando per il mercato degli home video VHS, alla diffusione di massa di film di livello ‘amateur’ diffusi tramite l’Internet, la sua espansione è stata inarrestabile, e non solo in occidente.
Il mercato hard, per esigenze di copione, come ogni altro genere cinematografico ha creato delle icone e degli standard che, nella vita reale, solitamente non esistono.
Tra i tanti cliché e condizioni puramente di finzione, il mondo del porno ha sempre fatto credere che fosse normale per gli attori avere membri dalle dimensioni spropositate, con cui le donne provassero piacere nell’avere ogni genere di rapporto con loro, al punto da preferirli a tutti gli altri peni per così dire ‘normoconformati’.
Da molti anni, anche per via della grande facilità con cui si può accedere al materiale pornografico online, molte generazioni di uomini sono cresciuti pensando di essere ben poco dotati sessualmente solo perché non dotati di membri di dimensione esagerata, comuni negli attorni porno.
In realtà, tali performance anatomiche sono estremamente rare nella popolazione mondiale, e la realtà dei fatti è tutt’altra.
Esattamente come accade in ogni altro genere cinematografico.
Al contrario delle informazioni totalmente errate che circolano sull'Internet, l'orgasmo femminile è... Solo uno, come peraltro anche l'orgasmo maschile.
Non esiste quindi il fantomatico 'orgasmo clitorideo' oppure 'orgasmo vaginale': l'apparato genitale femminile è composto da oltre 15.000 terminazioni nervose diffuse su un'estesa rete che copre pressoché ogni centimetro della vulva e della vagina, e che arriva fino all'orifizio anale.
Il piacere provato dalla donna durante il rapporto è dato da una grande serie di ricettori, che trovano l'apice nel clitoride: lo sfregamento di esso durante la penetrazione è solo una parte di tutto il complesso sistema che provoca l'orgasmo femminile, che ha poco o nulla a che vedere con la dimensione del pene.
La realtà è però ben differente, e c’entra poco con la lunghezza del pene
con le sue oltre 15.000 terminazioni nervose, l'apparato genitale femminile è una rete sensoriale estesissima
Sebbene non esista una statistica ufficiale, per l’ovvia impossibilità di catalogare un numero sufficiente di soggetti su base volontaria, la dimensione media del pene in erezione oscilla tra i 12 e gli 15 centimetri, mentre la circonferenza media è poco superiore agli 11 centimetri.
Questi dati, che è doveroso prendere esclusivamente come una generica traccia suscettibile ad infinite variazioni, sono però coerenti con la lunghezza media del canale vaginale femminile, che oscilla tra gli 8 ed i 12 centimetri.
Anche in questo caso, la misura è puramente indicativa, e varia molto da donna a donna, ma rende bene l’idea.
Considerando la nota elasticità dei tessuti del canale vaginale, obbligatoria per permettere il parto, è comunque ovvio capire che, grossomodo, le dimensioni complementari della media degli uomini sia del tutto coerente con la capacità d’accoglienza media delle donne.
Tutto questo, senza considerare un fatto che spesso è invece non considerato, per profonda ignoranza della popolazione media in fatto anatomico: il piacere sensoriale della donna, durante l’atto sessuale, è dato da una complessa, anzi molto complessa ramificazione nervosa (oltre 15.000 terminazioni) che praticamente si estende per tutto il peritoneo, anche sino all’orifizio anale.
In tale contesto, la mera lunghezza del canale vaginale e la lunghezza del pene che deve percorrerlo è quasi interamente secondaria alle migliaia di altre stimolazioni sensoriali che, invece, vengono attivate durante il rapporto.
Quando si manifesta la dismorfofobia peniena?
La dismorfofobia peniena è una condizione psicologica patologica, che nella grande maggioranza dei casi è causata da dei condizionamenti esterni del giovane ragazzo, spesso adolescente o poco più, basata su stimoli esterni del tutto irrealistici.
La patologia ha sicuramente natura multifattoriale, in cui gioca un ruolo di primo piano la pressione sociale e, non di meno, culturale.
L’ossessione del ‘pene piccolo’ è un fenomeno esclusivamente umano, quindi la natura della patologia è sicuramente di origine antropologica, e non fisiologica.
A livello medico, infatti, la lunghezza del pene, salvo rari casi di malformazioni congenite gravi, non ha alcuna rilevanza scientifica.
Premesso obbligatoriamente ciò, e considerando anche la natura complessa della patologia psicologica, generalmente la dismorfofobia peniena si manifesta in soggetti:
- Ancora di giovane età, adolescenti o poco più che teenager;
- Fruitori di contenuti pornografici, quasi sempre online, senza adeguata educazione sessuale;
- Di bassa cultura generale oppure con cultura ancora in formazione, non adeguatamente messa a parte della corretta educazione sessuale dal sistema scolastico e dall’educazione familiare;
- Persone che vivono in contesti culturali o socio-culturali poveri o a rischio povertà;
- Ragazzi o giovani adulti con poca autostima, spesso dovuta a traumi dell’educazione o problemi familiari;
- Ragazzi cresciuti senza una certa ed autorevole figura paterna;
- Persone con esperienze traumatiche a livello sessuale, spesso dovute all’incontro con partner non idonei e/o problematici;
- Persone con educazione familiare eccessivamente portata all’austerità o troppo ossessionata col credo religioso
Questa è solo una breve lista delle condizioni di partenza generali e idonee per l’inizio del tarlo mentale che porta poi alla dismorfofobia peniena, ma non è un elenco onnicomprensivo.
Come detto poco in alto, i fattori scatenanti del complesso del pene piccolo sono molteplici e complessi, e spesso riguardano l’educazione familiare e scolastica, le esperienze sessuali personali e, non di meno, la propensione caratteriale del paziente.
A cosa porta la dismorfofobia peniena non adeguatamente curata?
Come ogni altra patologia psicologica, anche la dismorfofobia peniena, se non adeguatamente trattata, porta a pesanti ripercussioni sull’effettiva vita sentimentale, sui rapporti interpersonali e anche sulla vita sociale e lavorativa del paziente che ne è affetto.
Gli uomini che soffrono del complesso del pene piccolo spesso percepiscono la loro condizione come traumatica, grave e disperata.
Questo genera in loro tendenza all’auto-isolamento, uno stato di perenne ansia sociale, bassa o scarsa autostima e l’impossibilità, o comunque la grande difficoltà, ad instaurare sani e duraturi rapporti affettivi.
Il piacere del sesso e del rapporto con una compagna o un compagno divengono così non situazioni appaganti e rasserenanti, ma forzature e momenti in cui l’ansia cresce ancora di più, al punto che spesso molti pazienti affetti da dismorfofobia peniena arrivano addirittura ad escludere del tutto dalla loro vita.
Come si diagnostica la dismorfofobia peniena?
La diagnosi della dismorfofobia peniena è molto complessa, anche a causa della ritrosia del paziente nel rivolgersi al Medico oppure ad uno Psicologo, e passa spesso molti anni in situazione di sofferenza e disagio.
La vergogna per una condizione ritenuta ‘anormale’ ed invalidante - anche se non è lo quasi mai - la stigmatizzazione sociale e il tabù di un problema che assilla ed ossessiona in pressoché ogni momento, fa rimandare di continuo la ricerca di un aiuto medico o psicologico, peggiorando quindi il quadro generale della patologia.
Quando il paziente si rivolge al professionista sanitario adeguato - Psicologo o Medico Andrologo - è solitamente dopo molti anni di autentica sofferenza.
Premesso ciò, la diagnosi della dismorfofobia peniena non può non includere un’attenta anamnesi del pregresso del paziente: spesso, è proprio durante la prima raccolta d’informazioni che il Medico o lo Psicologo sono già indirizzati verso la giusta ipotesi diagnostica.
La certezza della condizione psico-patologica emerge, se il paziente risulta collaborativo, già durante le prime fasi della visita medica oppure del consulto psicologico.
È compito del Medico Andrologo o dello Psicologo indagare a fondo sul vissuto, sia sociale che sessuale, del paziente, ricercando la causa scatenante dell’insicurezza sul proprio aspetto fisico e sul proprio organo, che spesso ha ben precise radici traumatiche.
Raramente è necessaria la visita clinica andrologica, che comunque il Medico Andrologo solitamente esegue, a volte solo per spiegare poi al paziente la normalità della sua condizione anatomica, ed indirizzarlo quindi verso la riabilitazione psico-sessuale.
Con l'avvento dell'Internet e della pornografia di largo consumo, è peggiorata, a livello numerico, la quantità di uomini, spesso giovani ragazzi, che manifesta sintomi di dismorfofobia peniena.
Oltre alla pornografia, che è comunque un business e segue le regole di qualsiasi altro business, molta della colpa della diffusione di questa vera e propria condizione psicologica patologica è imputabile alla scarsa educazione sessuale dei giovani, assente nella scuola e, spesso, assente anche nella famiglia.
Il problema della pochezza dell'educazione sessuale in Italia è ben noto da molti anni, ma non è stato mai seriamente affrontato da nessun Governo.
Come si può superare la dismorfofobia peniena?
Il termine ‘cura’ per la dismorfofobia peniena dovrebbe essere evitato in quanto, seppur condizione psico-patologica, il complesso del pene piccolo non è rilevante dal punto di vista squisitamente clinico, ma rientra a pieno diritto nelle devianze della psiche della sfera sessuale.
Proprio questa sua origine dà l’indicazione terapeutica, che è e rimane psicologica, ma che può richiedere un approccio multidisciplinare, e la collaborazione tra in Medico Andrologo e lo Psicologo Sessuologo.
Essenzialmente, la terapia per la dismorfofobia peniena si basa sulla riabilitazione psicologica del paziente, a sua volta composta da:
- Psicoterapia riabilitativa, in cui lo specialista tende a far emergere le radici del disturbo originario che ha scatenato il complesso, rendendo quindi consapevole il paziente ed indirizzandolo verso il percorso di riconquista della propria autostima;
- Educazione o ri-educazione sessuale, in cui al paziente viene spiegata chiaramente l’anatomia umana, sia maschile che femminile, chiarendo una volta per tutte la natura dei luoghi comuni e delle aspettative o credenze totalmente irrealistiche;
- Educazione culturale, necessaria affinché il paziente comprenda la mutevole natura della società e dell’antropologia umana, e smetta dunque di avere dei canoni irreali e una credenza distorta della società;
- Supporto emotivo ed empatico, spesso realizzato in collaborazione della famiglia, del partner o comunque di una persona vicina al paziente, a volte correlata anche alla frequentazione di gruppi di supporto specifici
La terapia farmacologica a base di psicofarmaci è sempre evitata, poiché la dismorfofobia peniena è essenzialmente un problema culturale e di auto-stima, che impone non un controllo farmacologico, ma una realizzazione coscienziosa.
A chi rivolgersi in caso si sospetti di essere affetto da dismorfofobia peniena?
Il complesso del pene piccolo è una condizione patologica psicologica che rientra nelle competenze della Psicologia e della Sessuologia, nonché dell’Andrologia.
Si può dunque trovare adeguato supporto presso uno Psicologo e Psicoterapeuta perfezionato in Sessuologia oppure presso un Medico Andrologo preparato e competente anch’esso nella Sessuologia.
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Ricorda che, molto spesso, la società umana ragiona per preconcetti, per sentito dire e per luoghi comuni che non hanno nessun riscontro scientifico, ma semplicemente rimangono fortemente ancorati a vecchi retaggi di un passato dove, giocoforza, le conoscenze mediche erano scarse o totalmente assenti.
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Quindi ricorda che...
- Il pene umano è un organo sessuale che non ha una misura standard, ma varia molto da soggetto a soggetto;
- Mediamente, la lunghezza del canale vaginale femminile è di 13-15cm, e tale media si riscontra anche nella lunghezza media del pene maschile;
- Storicamente, il meccanismo d’erezione del pene è stato considerato importante per molte civiltà, ed alcune di esse gli hanno conferito qualità quasi mistiche, enfatizzando le dimensioni dell’organo;
- Non sempre un pene di dimensioni enormi è stato considerato, nel passato, come desiderabile;
- La dismorfofobia peniena è una vera e propria condizione psicologica che affligge molti uomini, spesso giovani, che considerano insufficienti le loro dimensioni del pene;
- In alcuni casi, la dismorfofobia peniena affligge anche alcune donne;
- L’apparato genitale femminile è un complesso sistema neurovascolare composto da migliaia di terminazioni nervose, che avvolgono tutta la vulva e arrivano anche sino al retto;
- Lo stimolo del piacere femminile ha nel clitoride il punto focale, ed è indipendente dalla lunghezza del canale vaginale;
- Non esiste un orgasmo ‘clitorideo’ o ‘vaginale’, per la donna: esiste un unico orgasmo, che condivide però un’estesissima ramificazione nervosa;
- A parte rarissimi casi, le mere dimensioni del pene sono del tutto ininfluenti sul piacere femminile durante il rapporto sessuale;
- Con l’avvento della cinematografia pornografica e il mercato a basso costo del cinema hard sull’Internet, vi è stata una massiccia e continua campagna disinformativa sull’educazione sessuale, e anche sulla basilare anatomia umana;
- Gli attori che recitano nei film hard sono attori, e come tali recitano un copione, che non corrisponde quasi mai alla vita reale;
- Gli attori uomini hard sono appositamente scelti con membri di enormi dimensioni per pure esigenze sceniche;
- Durante le riprese dei film hard, circa l’80% del rapporto penetrativo avviene all’interno del corpo, quindi è obbligatorio scegliere attori particolarmente dotati, altrimenti le riprese sarebbero impossibili;
- La dismorfofobia peniena, come tutte le disfunzioni sessuali di origine psicologica, può e deve essere curata, con l’adeguata informazione e con la psicologia sessuale
Nota deontologica
L'Andrologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.
Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Andrologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.
Come branca della Medicina, l'Andrologia è estensione naturale dell'Urologia, cioè la specialistica che studia e cura tutte le patologie del tratto uro-genitale umano, con una mirata predilezione per le affezioni squisitamente maschili.
Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Andrologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale sulle patologie prettamente maschili.
Il Dott. Massimo Capone, iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Trieste, tiene dunque a precisare che egli è un Medico Chirurgo Specialista in Urologia, e perfezionato poi Andrologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.
Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dal Dott. Massimo Capone il giorno:
martedì 30 luglio, 2024
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